Arrivammo a Parigi e in breve fummo sulle sponde del canale della Manica, finalmente raggiungemmo Londra dove passammo la notte a casa di Elena, una cara amica di Nico, prima nostra host ufficiale. Soltanto dopo il riposo del guerriero stringemmo le cinghie dei nostri zaini, fissammo gli spallacci e i supporti lombari e, indossato lo zaino ci dirigemmo verso la Cattedrale di Canterbury. Era il far del giorno dell’8 giugno, l’alba della nostra Via Francigena e del nostro InfinitoCammino, l’inizio ufficiale di un viaggio che non sapevamo dove ci avrebbe portato ma con lo zaino colmo di quella voglia necessaria per scoprirlo. Quella che da molti anni si conosce come Via Francigena è l’itinerario di 1800 km (al tempo 79 tappe fino a Roma, oggi molte di più perché il Cammino raggiunge Santa Maria di Leuca) percorso dall’arcivescovo Sigerico nell’anno 990 per ritornare a Canterbury da Roma dopo l’investitura del Pallio Arcivescovile da parte del Papa Giovanni XV. È su invito del Pontefice che costui annotò tutte le tappe, una per giorno, che lo riportavano in Gran Bretagna attraverso l’Europa. Il suo diario è quindi la più autentica testimonianza del tracciato. Questo percorso, nel 2004, è stato dichiarato dal Consiglio d’Europa “Grande Itinerario Culturale Europeo”, analogamente al Cammino di Santiago de Compostela in Spagna. L’appellativo “Francigena” non indicava solo un percorso devozionale a uso esclusivo dei pellegrini, ma una via percorsa da mercanti, eserciti, uomini politici e di cultura, creando così un canale primario di comunicazione e di scambio e permettendo tutte quelle interrelazioni che portarono alla sostanziale unità della cultura Europea tra X e XIII Secolo. E noi stavamo per ripercorrere la storia poggiando i nostri piedi laddove per millenni molti altri passarono.
Confusi dall’emozioni, tardammo a capire dove recuperare il nostro passaporto del pellegrino, fondamentale per segnare il nostro passaggio e per ottenere ospitalità pellegrina. All’ufficio della Cattedrale ci accolse Torino, responsabile del tratto inglese. Raccontammo del nostro progetto, un cammino solidario mirante a raccogliere fondi per permettere a tutti di camminare ed emozionarsi camminando. Qualsiasi persona con specifiche esigenze e necessità avrebbe in futuro dovuto poter vivere quell’esperienza. Per iniziare a farlo, l’obiettivo era quello di segnare con una precisione di massima i punti critici sul percorso a piedi: scalini, salite/discese impervie, strettoie o qualsiasi altra difficoltà che avrebbe impedito a una persona a mobilità ridotta di proseguire in autonomia. Torino, incredulo ed entusiasta, ci presentò ai suoi colleghi e ci accompagnò alla porta della Cattedrale. La nostra partenza sarebbe avvenuto nel pomeriggio.
Visitammo l’imponente Cattedrale, tra le più antiche chiese cristiane di stile medievale in Inghilterra. Ci perdemmo nella sua maestosità ed infinita bellezza, ma ben presto ci rendemmo conto che ora era davvero il momento di partire. Muovemmo i nostri passi attorno alle 14 senza un’idea precisa dove trascorrere la notte. Avevamo la nostra tenda, quindi potevamo fermarci dove e quando volevamo. Attraversammo distese di campi verdi, passando per tipiche casette inglesi. Non incontrammo nessuno, il tratto inglese non è molto vissuto o forse andrebbe semplicemente promosso localmente un po’ di più. Solo noi, il vento e la pioggia che inaugurò il primo giorno: “cammino bagnato, cammino fortunato”.
Stanchi dal viaggio e dalla pioggia abbiamo deciso di fermarci in un campo dove vi era un camper. Chiedemmo cosi al proprietario se potessimo passare lì la notte e cosi fu. Montammo per la prima volta la nostra tenda, dormendo nel campo di un gentile signore che ci accolse a braccia aperte, un perfetto sconosciuto nel quale avremmo riposto tutta la nostra fiducia. Il cammino è anche questo dandoti non ciò che vuoi, ma ciò di cui hai più bisogno nel momento giusto.
Furono i primi raggi di sole a interrompere il nostro magnifico sonno. “Benvenuti nel paradiso inglese”, era la voce di Doc sotto un cielo azzurro e un sole già caldo. Dopo due chiacchiere e un the caldo, riprendemmo il cammino verso Dover dove ci saremmo imbarcati verso Calais, prima tappa ufficiale in Francia.
Continuammo a camminare tutta la mattina vegliati dagli stessi campi verdi del giorno precedente e nel primo pomeriggio arrivammo al porto dove scoprimmo che a causa del Covid il servizio di trasporto passeggeri a piedi era stato annullato. Si poteva attraversare o in bici o in macchina.
Decidemmo così di fare l’autostop e chiedere un passaggio, affidandoci ancora alla fortuna che il Cammino avrebbe voluto donarci. Passò qualche ora: erano le 16 di pomeriggio e mancava poco al tramonto. Solo allora accostò un ragazzo che ci lasciò salire sulla sua auto. Mohamed e Samira erano diretti a Parigi. Dopo un controllo alla dogana, incuriositi per la provenienza variegata di ciascuno di noi, ci imbarcammo sul Ferry e col sole sull’orizzonte approdammo a Calais. Entravamo in Francia, pronti ad immergerci nel nostro avvenire. Il nuovo obiettivo era quello della Svizzera, 940 km davanti a noi.
Sebbene fosse stata una tappa molto breve, semplice e lineare che si può realizzare in un solo giorno (33 km) con segnavia ben evidenziati, con l’uso della traccia GPS forse avremmo fatto prima.
Goodbye United Kingdom, Bonjour France.